West Virginia

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Buckhannon, West Virginia dicembre 1996

lunedì 4 agosto 2014

“Stelle grigie-racconti”. il libro di Luca Vicenzi



Ho da poco terminato la lettura di  “Stelle grigie-racconti”, in una modalità per me anomala, un file PDF che scorre più o meno veloce sotto ai miei occhi. Pare sia il futuro, ma la carta, se si parla di libri, resta ancora la mia scelta primaria.
Dopo l’immagine iniziale, capace di dare indicazioni, se si possiede un certo allenamento e un minimo di sensibilità, sono “caduto” sulla prefazione di Emanuele Rozzoni, eminente letterato che fornisce una sua visione precisa dell’autore e della sua opera.
Per avere un’idea della lunghezza dello scritto, ho fatto scorrere velocemente il cursore e mi sono arrestato sulla postfazione di Fabrizio Fantoni, professionista nel campo della Psicologia e Psicoterapia, che nell’occasione indaga sui personaggi e sulle ambientazioni che li vedono in azione, motivando alcuni comportamenti all’interno di episodi caratterizzanti, utilizzati per un’analisi precisa e coinvolgente.
Raccontata così potrebbe sembrare l’inutile scoperta dell’assassino, in un giallo avvincente, prima di aver letto le premesse, e come ci viene spesso ricordato, l’obiettivo non è la meta, ma il percorso. Concordo.
Ciò che Luca Vicenzi descrive non è fortunatamente materia per soli esperti e studiosi, e questo mi permette  di affermare con soddisfazione che “Stelle grigie” non è parto per sola nicchia.
Conosco Luca da molti anni, ma non lo conosco.
Specifico, non ho mai avuto il piacere di un incontro personale, ma attraverso conoscenze comuni e un po’ di sana tecnologia, sono entrato nel suo mondo musicale, ho conosciuto i suoi progetti, e ho estrapolato un’immagine di genio, che crea indipendentemente da ciò che il mercato vorrebbe, utilizzando il mondo dei suoni per comunicare, anche se l’impressione è che sia più importante la ricerca rispetto alla preoccupazione di essere compresi sino in fondo. Sì, la musica che ho assimilato, la sua musica, non si preoccupa dell’eventuale isolamento, e forse proprio in quello trova una buona motivazione nello sperimentare.
Intendiamoci, il problema riguarda migliaia di anime che rifiutano la sfera commerciale, ma nel caso specifico, ritornando al libro, posso dire che quanto ho letto non mi ha stupito, anzi, ha arricchito la mia picture di Luca, confermando le impressioni basate su alcuni CD e su qualche scambio di battute via mail, diventate poi interviste.
Luca Vicenzi snocciola una serie di racconti - ventidue mi pare - che sforando nel campo musicale potrei definire elementi di un concept album, interconnessi tra loro, eppure episodi singoli che vivono di vita propria.
Ripensando ai diversi momenti in cui ho portato avanti la lettura, direi che ogni narrazione potrebbe essere considerata rappresentativa dell’intero libro, essendo un concentrato capace di contenere un significato che si ritrova cammin facendo, riga dopo riga.
Se dovessi dare un colore con cui dipingere adeguatamente il libro, associando umore a contenuti, non esiterei nell’usare il grigio, sfumatura che mi ha accompagnato per tutta la lettura, e sono certo di non essere stato influenzato dal titolo dell’opera.
Impossibile non immedesimarsi in una delle tante situazioni descritte, talmente reali che devono per forza far parte del vissuto - più o meno diretto - di Vicenzi.
Stati di disperazione, di alienazione, di disagio acuto, di apparente sollievo e rapido ritorno alla realtà, con epiloghi che aspettano una continuazione, e momenti in cui si è presi dall’angoscia. E’ un racconto del sociale malato che è ben conosciuto, che per lungo tempo si legge solo nei contenitori di altri, mantenendo le distanze, e che poi arriva a colpirci quando meno ce lo aspettiamo, e capiamo magari che da tempo era in atto una pericolosa convivenza, forse latente, inconscia, all’improvviso manifesta.
Mestieri precari, amori impossibili, racconti di fantasia, con un fondo estremamente corposo che si chiama solitudine, anche in mezzo a milioni di persone.
Viviamo in un’era caratterizzata da immense possibilità tecnologiche, e la comunicazione viaggia in un nanosecondo verso gli estremi del mondo, rimandandoci indietro una risposta, più o meno soddisfacente, nello stesso spazio temporale. Eppure… nessuno è capace di ascoltare, in modo attivo intendo.
La lettura ha contemplato numerose soste riflessive, e in una di queste mi è venuto spontaneo pensare a quante persone ho conosciuto nella vita capaci di “saper ascoltare”, e la risposta che mi sono dato è drammatica, perché, ben che vada, sono racchiuse nel pugno di una mano.
Che cosa può alleggerirci nel percorso? Cosa può attenuare il dolore?
Forse condividerlo senza pudore, alla ricerca di un positivo punto di incontro.
Forse il viaggio della nostra vita, reale o immaginario, purché in corretta compagnia.
Il tutto non può prescindere dall’amore, anch’esso da mettere in comune, amore per una donna, per un uomo, per qualsiasi entità capace di dare una risposta e chiudere il loop. O forse il solo sapere donare, senza chiedere niente in cambio, è un modello perfetto a cui ispirarsi.
Ritorno alla musica, una trama scritta apposta per “Stelle grigie”.
Abbandona per un attimo l’avanguardia, la sperimentazione, l’elettronica, Luca.
Inventa qualcosa che possa diventare il sottofondo dei tuoi personaggi, dall’operaio demotivato all’impiegato frustrato, dall’amante ferita al tassista vissuto.
Ma inventa soprattutto la colonna sonora dell’infelicità diffusa di cui racconti.
Per me è chiara la scelta, solo un lungo e sofferto blues può esprimere certi sentimenti: “no pain no blues…”. E assieme al grido di dolore nascerà anche la speranza che solo quella musica è capace di contenere, una visione che tende ad allontanarsi dal grigiore a cui accennavo, verso la ricerca di colori più decisi e positivi, gradazioni che hanno a che fare con la certezza che prima o poi qualcosa accadrà. E noi sapremo cogliere l’attimo.

“E dopo un viaggio lungo una vita, muovendo sempre nella stessa direzione, si ritrovò al punto di partenza, con occhi nuovi per vedere, e finalmente la sua sete si placò: la meta era raggiunta, finalmente a casa...".



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