West Virginia

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Buckhannon, West Virginia dicembre 1996

giovedì 22 maggio 2014

"A TE" di Patrizia Macchia


Ho da poco aperto questo nuovo spazio in rete per oltrepassare l’argomento “Musica”, mio pane quotidiano, ma non ho una meta precisa.
Accogliere amici e conoscenti è comunque un obbligo, e non importa l’argomento proposto, ma la voglia di esprimersi che ciascuno dimostra.
Conosco Patrizia Macchia sin dai tempi delle elementari, forse dell’asilo, così come il fratello Paolo, con cui ho condiviso tutte le esperienze adolescenziali e con cui ho creato la prima band. Non ho mai perso di vista Paolo, ma ho visto raramente Patrizia, perché le strade della vita divergono, anche se spesso arrivano a ricongiungersi.
Ho incontrato Patrizia pochi giorni fa e ho così scoperto che da pochi anni è sbocciata in lei la vena artistica, a lungo latente, e fiorita nella maturità.
Pittura e scrittura, tele e poesia.
I concetti che seguono hanno un sapore amaro.
Sono dedicati a un padre assente, sempre e comunque, e rappresentano una dichiarazione d’amore per una madre che ha avuto il doppio ruolo. La storia non è poi così originale, purtroppo.
Fatti di vita, non certo rari; in ogni famiglia un dramma, anche in quelle apparentemente da invidiare, quei modelli che alla lunga si sgretolano e ci portano a dire: “… forse eravamo meglio noi!”
Non mi permetterei un commento se non avessi letto, in tempi lontani, un po’ di dolore nei loro occhi, come loro avranno visto il mio in altre occasioni. Era un periodo in bianco e nero, dalla TV ai giochi per strada.
Era invece a colori il Cinema Olimpia, e quando Paolo riusciva a farci entrare gratis, con l’aiuto di quel padre, direttore, spesso assente in famiglia, il contatto era sempre frettoloso e cupo, e forse la pellicola troppo lunga da sopportare.
Ma su quegli argomenti difficilmente ci si confronta quando si è bambini.
Oggi a Patrizia capita quello che succede a tutti quelli che, non più giovanissimi, decidono di aprire il sacco, abbandonando ogni pudore, ogni vergogna,  godendo del proprio coraggio, perché parlare ad un padre pubblicamente è uno sfogo che un tempo poteva sembrare inadeguato, mentre oggi è un atto dovuto, e nemmeno troppo difficile da compiere.
Leggendo il dolore, il disagio, l’amore e la delusione di Patrizia, sarà facile per molti riconoscersi in lei, in fondo il mondo è pieno di genitori latitanti, anche se vivono tra le mura domestiche.
Il destinatario della missiva non è più tra noi, e il tempo per recuperare è svanito, ma forse, in un’altra dimensione, tutto ritroverà la giusta collocazione. Senza fretta lo scopriremo.


A TE


Grazie, uomo che, con mia madre, mi hai concepita, grazie per il dolore che a lei hai dato e a noi, tuoi figli, scusa se non posso e non so chiamarti padre.
Grazie per la tua indifferenza, che mi ha ricordato le ore interminabili dedicatemi da mia madre, con amore e nascosta sofferenza, con orgoglio e dignità.
Grazie ancora per averci dimenticati, messi in un angolo buio in una casa vuota, privati della tua presenza, della tua protezione, del tuo amore.
Grazie per averci fatto sentire diversi, smarriti, soli in un ormai lontano, indimenticabile Natale, perché meravigliosi sono stati tutti gli altri senza te, in una casa calda, piena di luce, di gioia, doni e tanto amore.
Il nostro "tutto" era lei, quella luce i suoi verdi occhi, felici di vederci crescere sani, buoni e sereni, quel grande amore e la sua enorme generosità, la sua tenacia e quelle sue grandi, forti braccia sempre pronte ad accoglierci e scaldarci, braccia di mamma...
Grazie per averci deluso, ingannati e dimenticati, grazie per le tue menzogne e  il tuo scarso coraggio, grazie infine per non esserci mai stato, perché la tua assenza mi ha fatto apprezzare tutto ciò che da lei ho ricevuto con fatica e sudore e mi ha fatto diventare la donna che oggi sono, senza mai scordare la bimba che ero... che tu non sei stato capace d'amare.
Non so se ringraziarti ancora per non aver mai tentato di riavvicinarti a noi, di sapere di noi e gioire per noi, di pensare a noi senza prima aver pensato a te e gioito per te.
Sai non provo rancore, davvero, solo un pò d'amarezza per te, che non hai vissuto tutto quell'amore, infinito e speciale, che solo un genitore può capire e provare; mi spiace,non ce l'hai fatta a smorzare il tuo egoismo, a rinunciare a quel tuo mondo dorato, fatto di niente, senza di noi.
Forse sarai stato felice, non lo so e mai lo potrò sapere, perché con te hai portato ogni cosa nell'ultimo dei tuoi viaggi.

So solo che l'ultimo giorno ci hai cercati, peccato era scaduto il tempo, era ormai troppo tardi.

Tua "figlia"


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