Quando sei adolescente tutto è un problema.
La scuola, il rapporto con i genitori, lo
stringere amicizie e riuscire a trasformare alcune di queste in amicizie “vere”
e “durature”.
Ogni cosa è un ostacolo insormontabile.
Regina in questo periodo è la solitudine,
l'incomprensione con il vittimismo sotto
braccio.
Ingestibile
la felicità che si impossessa di te quando ti innamori, il buco nello
stomaco, la testa fra le nuvole, il “rosa” che ti circonda.
Ingestibile la delusione del primo amore,
la sofferenza, l'insensibilità degli altri, il “grigio” che ti circonda.
Nessuno ti capisce, né è capace di
comprendere la tua sofferenza e il tuo tormento.
Tutto, per te, perde di importanza.
Per giorni e giorni ti piangi addosso, chiudendoti
in una isolata sofferenza e magari “calchi” la dose, ascoltando più e più volte
il brano musicale che ti ricorda il perduto amore.
Ogni nota è una pugnalata alla spina
dorsale, un pugno al cuore.
Alzi il volume cercando di assorbire fino
in fondo all'anima quelle note, lasci entrare dentro di te quella melodia, ogni
poro della tua pelle è lì pronto ad accoglierla.
Poi passano i giorni, i mesi e ti accorgi
che piano piano il dolore ti lascia, ti abbandona e all'improvviso sparisce.
Così. Come è arrivato.
Il tuo cuore non soffre più, il sorriso è
tornato sulle labbra, la voglia di vivere è tornata finalmente a casa.
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