Domani è l’8 dicembre: New York, 1980, mentre John Lennon si accinge a rincasare con
la moglie si trova di fronte all'ingresso del Dakota Building (il lussuoso
palazzo in cui risiede, sulla 72ª strada, nell'Upper West Side a New York), un
venticinquenne di nome Mark Chapman, che esplode contro di lui
cinque colpi di pistola colpendolo quattro volte (il quinto colpo non va a
segno) mentre esclama: «Hey, Mr. Lennon».
Uno dei proiettili trapassa l'aorta e Lennon fa in tempo a fare ancora qualche
passo mormorando «I was shot...» [Mi
hanno sparato] prima di cadere al suolo perdendo i sensi. Soccorso da una
pattuglia di polizia, Lennon perde conoscenza durante la corsa verso il
Roosevelt Hospital, dove è dichiarato morto alle 23.07.
Ma vediamo un episodio significativo della sua vita, prima
dell’8 dicembre 1980: il racconto è di Gianni Lucini.
Per la serie: "Fatti ed eventi del passato"
(Rock e Martello di Gianni Lucini)
31 maggio 1969 – Un
letto, alcuni amici e una canzone che resterà nella storia
Il 31 maggio 1969 John Lennon e la sua compagna Yoko Ono sono
impegnati nell'ennesimo "bed-in" per protestare contro la guerra nel
Vietnam. Cosa sono i "bed-in"? Nell'impostazione di Lennon
rappresentano una sorta di "pacifismo integrale". In genere funziona
così: lui e la sua compagna si rinchiudono in una stanza d'albergo e stanno a
letto per tutta la durata del "bed-in". Non è, ovviamente, un fatto
privato, ma pubblico in cui non c'è niente di ozioso. John Lennon e Yoko
convocano conferenze stampa, diffondono documenti, tengono riunioni, incontrano
amici e giornalisti, con il solo limite di… non scendere mai dal letto.
Nonostante gli scetticismi questo modo di manifestare per la pace e per il
ritiro delle truppe statunitensi dal Vietnam ha una sua peculiare efficacia.
Non può essere esteso perché non tutti sono in grado di attirare l'attenzione
dei media come un componente dei Beatles, ma in questo caso funziona. Il 31
maggio 1969 i due sono rinchiusi da qualche giorno nella camera 1742 dell’Hotel
La Reine di Montreal, in Canada. Il programma della giornata prevede la
consueta conferenza stampa e vari incontri con alcuni esponenti dei movimenti
pacifisti statunitensi e canadesi. Nonostante gli impegni John Lennon ha
cercato di lasciare un'oretta libera, totalmente a sua disposizione. Vuole
verificare la fattibilità di un'idea che gli frulla da qualche tempo nella
testa. Convoca alcuni amici e fa portare nella camera un normalissimo
registratore portatile. Uno dopo l'altro arrivano Tommy Smothers, Petula Clark,
Timothy Leary e Allen Ginsberg. A tutti John consegna un foglio sul quale ha
scritto alcuni versi di una canzone da lui composta. Impugna quindi la chitarra
e con calma ne fa ascoltare la musica. Per fissare meglio l'andamento della
melodia, che sembra un po' ostico a Leary e Ginsberg, canticchia il motivo
scandendo bene le parole. Spiega poi a tutti che è sua intenzione registrare la
canzone seduta stante con la loro collaborazione diretta. Ciascuno, oltre a
cantare a squarciagola sul ritornello, può scandire il tempo con il battito
della mani, con un tamburello o anche picchiando con le nocche su una sedia.
Quando tutti sono pronti accende il registratore e lascia sul nastro una
canzone destinata a restare nella storia della musica e a diventare uno degli
inni della lotta per la pace: Give peace a chance.
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