Un piccolo ma sentito
omaggio ai Velvet Undergroud, a Lou Reed, a Nico.
Un pò di tempo fa ho
scritto un racconto che è rimasto in forma di bozza. Ha molto di autobiografico
e c’è molta musica e, bello o brutto che sia, racchiude parte del mio passato ed è quindi assolutamente da preservare.
L’ho fatto leggere a
poche persone, ma non ho notato alcun tipo di entusiasmo, della serie… “nessun commento critico per non ferire”.
Tutto questo non mi ha incoraggiato, ovviamente, ma mi sono onestamente detto:”
se non piace a nessuno vorrà dire che ha
poco valore!”. In fondo non sono uno scrittore.
Però ogni tanto lo
rileggo (e ogni volta modifico qualcosa) perché è la sintesi di ciò che mi
spinge a scrivere quotidianamente: non per gli altri, ma per me, per poter
riviver momenti che sono riuscito a fissare per sempre sulla carta.
Naturalmente non abbandono mai l'idea di condividere, qualsiasi cosa io scriva.
Un passaggio di questo
racconto mi da l’occasione di omaggiare Lou Reed e Nico, personaggi che mi
hanno sempre intrigato.
Ryan e Uma sono i protagonisti, fidanzati (e successivamente
marito e moglie) che assistono assieme al loro primo concerto, a Pittsbourgh.
L'artista è Nico, con cui hanno un incontro ravvicinato in un bar, prima della
performance. Non la riconoscono, ma rimangono entrambi ammaliati da ”una donna
alta, magrissima, con un viso scarno segnato da rughe profonde, e su di esso
si potevano leggere le vicende di una vita vissuta intensamente.”
Non era un caso se nella notte dei tormenti, un ricordo
dell’adolescenza era ancora così forte.
Al Crazy Cafè era rimasto senza respiro e ora, a distanza di
anni, sentiva l’angoscia crescere, mentre accostava i dolori di Nico, e la
morte a cinquantanni anni dopo una vita sempre al limite, ai dolori
dell’universo, dolori che in questa notte erano tutti sulle sue spalle.
Alle immagini associò una canzone di Lou Reed che spesso
aveva dedicato a Uma, ma che racchiudeva molto più di una dimostrazione d’amore
per una donna.
Quel breve e semplice testo era la ricerca della tranquillità
e della pace dopo tanta sofferenza e allo stesso tempo l’ammissione delle
proprie colpe, e nel senso della velata confessione la canzone assumeva per lui
un senso quasi religioso.
Quel tipo di sofferenza apparteneva a tutti, anche a persone
“quadrate” come Ryan, e forse era questo che lo turbava e gli impediva di dormire.
La canzone si chiamava “A Perfect Day”, un giorno perfetto.
Proprio una
giornata perfetto
bere sangria
nel parco
e poi, più
tardi, quando fa buio
tornare a
casa
Proprio una
giornata perfetta
dar da
mangiare agli animali nello zoo
e poi, più
tardi, anche un film
e poi a casa
Oh, è una
giornata così perfetta
sono
contento di averla trascorsa con te
Oh, una
giornata così perfetta
mi fai venir
voglia di restare con te
Proprio una
giornata perfetta
i problemi
messi da parte
turisti
solitari
è così
divertente
Proprio una
giornata perfetta
mi ha fatto
dimenticare me stesso
ho pensato
di essere un altro
una persona
migliore
Oh, è stata
una giornata così perfetta
sono
contento di averla trascorsa con te
Raccoglierai
ciò che hai seminato
Si rese conto di come certe parole, estrapolate dal contesto
e dalla musica che le accompagnava potessero sembrare banali, ma nella sua
visione quella canzone rappresentava un mondo di dolore e un mondo di felicità,
condizione oggettiva di ogni essere umano.
Col passare degli anni ci sarebbero state molte occasioni per
tornare su quel brano, che Uma prese a pretesto per spiegare ciò che per lei
significava una canzone.
Avendo perso l’esigenza primitiva di fare selezione musicale
in funzione del nome dell’artista, Uma era arrivata a un’unica distinzione,
quella tra buona e cattiva musica.
La buona musica era per lei quella che riusciva a darle forti
emozioni e non quella riconosciuta in modo universale, secondo canoni stabiliti
da altri.
Non era poi un percorso così facile.
Prendendo come esempio “Un giorno perfetto” aveva fatto
un’analisi precisa e convincente per Ryan.
-Prendi il testo e
leggilo, da solo, immagina di averlo trovato scritto su un pezzo di carta, in
casa di un amico, senza sapere a cosa sia legato.
Sembrano parole che
potrebbe scrivere chiunque, quasi elementari.
Ora immagina di
sentire solo la musica della canzone, il testo non esiste, solo un pianoforte,
una batteria molto soft e un arrangiamento apparentemente povero.
Mi sembra un passo
avanti notevole, e immagina un vecchio pianista che intrattiene gli ultimi
clienti del pianobar … molto, molto triste, ma capace di dare uno scossone che
il testo da solo non riesce a fare.
Ora unisci le due
cose, il testo e la musica. Non diventa un piccolo capolavoro?
Ma si può avere di
meglio!
Cerca di capire cosa
c’è dietro a quelle parole, la vita di chi le ha scritte, il contesto.
Tutto cambia
prospettiva e tutto assume un significato preciso.
Prova ad andare a
letto dopo averla ascoltata in questa modalità e ti troverai quasi in tranche,
incapace di prendere sonno, emozionato o addolorato, sicuramente non
indifferente-.
Ovviamente Uma non
doveva convincere Ryan, ma era come stesse parlando a una platea di studenti,
cercando di fornire elementi oggettivi e al contempo provando a spingerli nella
direzione per lei migliore.
In questa notte,
benedetta o maledetta, Ryan non aveva sentito “A Perfect Day “, eppure non
riusciva a dormire.
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