West Virginia

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Buckhannon, West Virginia dicembre 1996

lunedì 21 luglio 2025

Futura: l'ansia del domani e la speranza di un mondo migliore, tra Incanto e realtà quotidiana

 


 "Futura": l'attesa del domani tra paure globali e la nascita di una speranza chiamata figlio


C'è un'atmosfera sospesa, quasi onirica, che avvolge "Futura", una delle perle più luminose del repertorio di Lucio Dalla. Pubblicata nel 1979 nell'album omonimo Dalla, questa canzone trascende la semplice narrazione di un amore nascente per diventare un inno alla speranza, alla resilienza e all'ansia per un futuro incerto, ma pur sempre possibile. Dalla, con la sua inconfondibile vena poetica, ci trasporta in una notte di attesa, dove l'intimità di due amanti si fonde con le grandi paure e i desideri dell'umanità.

Il brano si apre con un interrogativo che è un sospiro di incertezza: "Chissà chissà domani su che cosa metteremo le mani / se si potrà contare ancora le onde del mare e alzare la testa". È l'ansia per il futuro che ci assale ogni giorno, la paura di perdere la semplicità, la bellezza naturale, la capacità di guardare avanti. La richiesta, quasi implorante, "non esser così seria, rimani", ci catapulta in un momento intimo, un dialogo sussurrato tra due persone che cercano conforto l'una nell'altra mentre il mondo esterno, con le sue minacce ("i russi, i russi gli americani"), incombe. Non sono lacrime, non è disperazione, ma una consapevolezza amara delle tensioni globali che, ieri come oggi, influenzano le nostre vite. Il "tuono" e la "notte di fuoco" sono metafore potenti di un clima di incertezza e cambiamento che, nel quotidiano, si manifesta nelle notizie allarmanti, nelle crisi economiche, nelle sfide ambientali.

Il fulcro emotivo della canzone è l'attesa di un figlio, un simbolo universale di speranza e rinascita. "Nascerà e non avrà paura nostro figlio" è un auspicio profondo, il desiderio che le nuove generazioni possano affrontare il domani con coraggio, libere dalle paure che attanagliano il presente. L'interrogativo su "come sarà lui domani / su quali strade camminerà / cosa avrà nelle sue mani" è quello che ogni genitore si pone, un misto di curiosità, amore e apprensione. La visione di questo bambino che "si muoverà e potrà volare / nuoterà su una stella" è un'immagine di libertà e illimitatezza, un sogno che si contrappone alla realtà limitante.

Ma è nel momento della scelta del nome che la canzone rivela un'ulteriore dimensione: "e se è una femmina si chiamerà futura. Il suo nome detto questa sera mette già paura". Il nome "Futura" è evocativo, quasi profetico, ma porta con sé anche un senso di inquietudine. Chiamare qualcosa "Futura" significa confrontarsi direttamente con l'incognita, con ciò che ancora non è, e questo può generare timore. "Sarà diversa bella come una stella / sarai tu in miniatura" è un ritratto amorevole, ma anche la consapevolezza che questa nuova vita, pur essendo un'estensione di sé, porterà con sé la propria unicità e i propri problemi. Nel nostro quotidiano, "Futura" non è solo un nome, ma l'incarnazione di ogni piccolo, grande progetto che intraprendiamo, dal lavoro ai rapporti personali, ciascuno carico di aspettative e, talvolta, di ansie.

La richiesta di Dalla di non fermarsi, di voler ancora baciare, di chiudere gli occhi e non voltarsi indietro, sottolinea il desiderio di vivere pienamente il presente, nonostante la fragilità del mondo. "Qui tutto il mondo sembra fatto di vetro / e sta cadendo a pezzi come un vecchio presepio" è una metafora potentissima della precarietà esistenziale, della sensazione che le certezze crollino. È un'immagine che risuona profondamente nella nostra esperienza quotidiana, fatta di crisi sociali, economiche, ambientali che sembrano sgretolare le fondamenta della nostra realtà. Eppure, in questa caduta, Dalla ci invita a muoverci, a spingere "più su, nel silenzio tra le nuvole, più su / che si arriva alla luna". È un inno alla resilienza, alla capacità di cercare un orizzonte nuovo, di elevarsi al di sopra delle difficoltà.

Il viaggio verso l'alto, verso la luna, rivela però una nuova disillusione: "ma non è bella come te questa luna / è una sottana americana". L'idealizzazione cede il passo alla realtà, e la luna, simbolo di romanticismo e mistero, si trasforma in qualcosa di meno puro, forse una critica alla massificazione o alla perdita di autenticità. La progressione "più su" ci porta in mezzo a "razzi e a un batticuore", un misto di progresso tecnologico e ansia esistenziale. E sebbene Dalla sia "sicuro che c'è il sole", la sua rivelazione finale è agghiacciante: "ma che sole è un cappello di ghiaccio / questo sole è una catena di ferro senza amore, amore, amore, amore". Questa immagine potente ci avverte di un futuro tecnologicamente avanzato, ma privo di calore umano, di sentimenti. Un mondo dove la luce esiste, ma è fredda e vincolante. È un monito attualissimo nel nostro quotidiano, dove il progresso a volte rischia di eclissare le connessioni umane, l'empatia, l'autentico sentire.

Il finale della canzone riprende il ritmo lento e battente del cuore, simbolo di vita che continua nonostante tutto. Il "ciao, come stai" è un ritorno alla semplicità, all'essenziale del rapporto umano. Gli occhi "così belli" sono la bellezza che resiste, la luce che si può trovare anche nell'oscurità. E sebbene la tentazione di voltarsi indietro sia forte, il messaggio è chiaro: "adesso non voltarti / voglio ancora guardarti / non girare la testa". È un invito a persistere, a non arrendersi alla disperazione. L'attesa è per la luce, per "sentire una voce", per un domani che, pur incerto, va atteso "senza avere paura".

"Futura" è, in fondo, la canzone dell'incertezza del domani, ma anche dell'invito a non smettere di sperare. È l'eterna attesa di una nuova alba, la consapevolezza che, nonostante le guerre, le paure e le disillusioni, l'amore e la capacità di sognare rimangono le ancore di salvezza. Un messaggio che, a decenni di distanza, continua a risuonare con straordinaria attualità nel frastuono e nelle complessità del nostro quotidiano.







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