Un fremito di colore si propaga sulla tela, un'eco visiva di un viaggio interiore, quasi un sussurro delle lontane terre evocate da "Kashmir". Un viandante solitario, avvolto in un manto rosso di passione o nostalgia, si muove in un paesaggio nato dalla psiche, la sua figura un verso silente della ballata dei Led Zeppelin. La chitarra sulla sua schiena non è solo strumento, ma compagna muta di peregrinazioni atemporali, un ponte sonoro verso Shangri-La.
Il suolo si liquefa in verdi sognanti, gialli di terre promesse, bianchi di nebbia che vela i confini, come i sentieri nebulosi che la musica dipinge. Le pareti di questo spazio mentale si ergono come pensieri concretizzati, dipinte con la foga e la tenerezza di un'emozione vivida. Rosso e arancio pulsano come ricordi infuocati, contrastati dal fresco blu della riflessione e dal verde della speranza, una sinfonia visiva che risuona con l'intensità del brano.
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