Il 1° settembre 1968, il mondo della musica riceve una scossa con la pubblicazione del singolo "Fire" del gruppo The Crazy World of Arthur Brown. Non si tratta solo di una canzone, ma di un manifesto di psichedelia e teatralità che lascerà un segno indelebile, influenzando generazioni di musicisti.
Arthur Brown non era un artista come gli altri. Filosofo e studioso di Legge, decise di incanalare la sua creatività in un progetto musicale che unisse la teatralità del palcoscenico con sonorità rock, blues e psichedeliche. Il suo alter ego, il "Dio del fuoco infernale" (God of Hellfire), divenne leggendario per le sue esibizioni estreme. Brown era solito indossare un casco di metallo infiammato, una mossa scenica che lo portò più volte a rischiare la vita e che divenne il suo marchio di fabbrica, anticipando di anni l'uso del make-up e dell'horror-rock da parte di band come Alice Cooper e Kiss.
"Fire" è il brano che cristallizza il genio di Brown. Aperto dal celebre e urlato incipit "I am the god of hellfire!", il singolo si avvale di un incalzante riff di organo e una vocalità potente e operistica. Nonostante il sound atipico per l'epoca, il pezzo diventa un successo globale: raggiunge il primo posto nelle classifiche del Regno Unito e del Canada e il secondo negli Stati Uniti, vendendo oltre un milione di copie e aggiudicandosi un disco d'oro. Il successo è talmente travolgente che l'album di debutto omonimo della band, prodotto dal manager dei The Who, Kit Lambert, raggiunge anch'esso le vette delle classifiche.
Nonostante l'enorme impatto iniziale, i The Crazy World of
Arthur Brown non riusciranno a replicare il successo di "Fire",
guadagnandosi la nomea di "one-hit wonder". Tuttavia, l'influenza di
Arthur Brown e della sua musica è incalcolabile. Molti artisti, dai King
Diamond ai The Prodigy (che hanno campionato la celebre introduzione in un loro
brano), hanno citato Brown come una fonte d'ispirazione fondamentale. Il
"God of Hellfire" ha dimostrato che la musica può essere anche
un'esperienza visiva, teatrale e provocatoria, aprendo la strada a un intero
filone di rock d'avanguardia che avrebbe spinto i confini del genere.
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