West Virginia

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Buckhannon, West Virginia dicembre 1996

sabato 6 dicembre 2025

“7 dicembre 1967: l’addio in musica di Otis Redding”

 


Otis Redding, il canto sospeso sulla baia


Il 7 dicembre 1967 Otis Redding entrò negli studi della Stax Records a Memphis per quella che sarebbe stata la sua ultima sessione di registrazione. In quell’occasione incise Sittin’ On The Dock of the Bay, un brano che segnava una svolta rispetto al suo repertorio più energico e intriso di soul e gospel. La canzone aveva un tono diverso, sospeso e malinconico, con un arrangiamento essenziale curato da Steve Cropper dei Booker T. & the MG’s, che ne fu co-autore e produttore. Redding stesso parlava di un “nuovo suono”, un passo verso un linguaggio musicale più intimo e universale, capace di superare i confini del soul tradizionale.

Tre giorni dopo, il 10 dicembre, la sua vita si interruppe tragicamente in un incidente aereo nei pressi di Madison, Wisconsin, insieme a gran parte della sua band, i Bar-Kays. Aveva soltanto ventisei anni. La registrazione rimase incompiuta, con quel celebre fischio finale che oggi appare come un segno di interruzione e allo stesso tempo di continuità, un gesto spontaneo che divenne simbolo di un’opera lasciata in sospeso. Pubblicata postuma nel gennaio 1968, la canzone raggiunse il primo posto della classifica Billboard Hot 100, vendette milioni di copie e divenne un inno universale di malinconia e speranza.

Ancora oggi Dock of the Bay è considerata un capolavoro assoluto, ponte tra la tradizione afroamericana e la sensibilità pop internazionale, testimonianza di un talento spezzato troppo presto ma capace di lasciare un segno eterno nella storia della musica.






venerdì 5 dicembre 2025

Il 6 dicembre e i ritmi irregolari di Dave Brubeck

 

 


Una lezione di “tempo” (e di vita) 


Come musicofilo e appassionato, ho spesso trovato affascinante il modo in cui alcuni brani riescano a cambiare la nostra percezione del ritmo. Quando si prova a spiegare il concetto di tempo dispari a qualcuno, c'è un punto di partenza quasi obbligato: "Take Five". La sua melodia, così accessibile nonostante la complessità ritmica, lo rende l'esempio didattico perfetto.

Oggi, 6 dicembre, ricordiamo la nascita di Dave Brubeck (1920-2012), il pianista, compositore e leader di band che ha portato questa complessità ritmica al successo globale.

La carriera di Brubeck fu principalmente definita dal Dave Brubeck Quartet, un gruppo che raggiunse il culmine della popolarità con l'inclusione del sassofonista alto Paul Desmond. Insieme, hanno realizzato uno degli album più influenti e commercialmente di successo della storia del jazz: Time Out (1959).

L'album Time Out rappresentò un punto di svolta per la musica popolare americana, dimostrando che concetti musicali complessi potevano raggiungere il grande pubblico. Il disco era notevole per l'esplorazione e l'uso di metri e segnature di tempo inusuali per il jazz e la musica mainstream dell'epoca.

Mentre la maggior parte della musica popolare si basava sul comune 4/4 (un ritmo che percepiamo come "uno-due-tre-quattro"), Brubeck e il suo quartetto attinsero a ritmi diversi, in particolare quelli dell'Europa orientale e del Medio Oriente, che Brubeck aveva conosciuto durante i suoi tour.

  • "Blue Rondo à la Turk" utilizzava il tempo 9/8 (suonato anche da ELP)
  • "Take Five", sebbene composto da Paul Desmond, divenne l'emblema di questa sperimentazione con il suo ritmo distintivo in 5/4.

Per chi si avvicina per la prima volta a un tempo dispari come il 5/4, il segreto è non contare cinque battiti isolati, ma suddividere il ciclo in due gruppi più gestibili. Il brano Take Five suggerisce naturalmente questa divisione: 3 + 2.

Se proviamo a battere il ritmo contando ad alta voce:

UN-due-tre     QUAT-tro-cinque

(dove le sillabe in maiuscolo ricevono l'accento metrico principale), si ottiene immediatamente la pulsazione unica e dondolante del pezzo. La melodia e l'accompagnamento del pianoforte di Brubeck sono costruiti su questa struttura, rendendo il 5/4 non un'astrazione matematica, ma un ritmo concreto e ballabile.

Questa fusione di complessità ritmica e accessibilità melodica contribuì a posizionare Brubeck come una figura di ponte tra il jazz tradizionale e le correnti più intellettuali e sperimentali.

Un aspetto che ricorre nel ricordo di Dave Brubeck è la singolare coincidenza delle date che segnano l'inizio e la fine della sua vita. Il 6 dicembre è l'anniversario della sua nascita, ma la sua scomparsa è avvenuta quasi esattamente 24 ore prima.

Brubeck è morto il 5 dicembre 2012 per insufficienza cardiaca, alla vigilia del suo 92° compleanno. È un dettaglio che, per un musicista la cui opera è stata interamente dedicata allo studio e alla manipolazione del tempo, aggiunge una nota particolare al suo ricordo.

Oggi, il 6 dicembre, si rinnova l'occasione per riconoscere l'eredità di un musicista che ha esteso i confini del jazz. La sua musica continua a essere un punto di riferimento, per la sua qualità artistica e per aver reso la matematica del ritmo uno strumento espressivo alla portata di tutti.






mercoledì 3 dicembre 2025

5 Dicembre 1994: 31 anni di emozioni ricordando “La Musica che Mi Gira Intorno”, l'ultimo saluto in studio di Mia Martini

 


Ricorre oggi, 5 dicembre, l’anniversario che risuona con particolare malinconia nella storia della musica italiana: il 31° compleanno di La musica che mi gira intorno, l'ultimo album in studio pubblicato in vita da Mia Martini.

Uscito proprio il 5 dicembre 1994, il disco non fu percepito all'epoca come un "testamento". Era semplicemente il lavoro di una grande artista al culmine della sua maturità interpretativa, tornata da poco in primo piano dopo anni difficili. Oggi, sapendo che Mimì ci avrebbe lasciato solo pochi mesi dopo, nell'aprile del 1995, l'album acquisisce un peso e un significato che vanno ben oltre la sua pur impeccabile fattura artistica.

La musica che mi gira intorno” è un progetto intimo, lontano dalle grandi orchestrazioni, che privilegia l'essenzialità e la potenza della sua voce. Il titolo stesso è una dichiarazione d'amore e di dipendenza totale dall'arte che l'ha definita.

Il disco contiene perle di rara intensità, come "Mimì sarà", forse il brano più toccante, una riflessione sull'identità e sul destino che, con la consapevolezza del tempo trascorso, si rivela di una lucidità quasi profetica.

Trentuno anni dopo, questo album risulta un pilastro della sua discografia, rappresenta l'apice della Martini "post-ritorno", una donna che aveva ritrovato la sua forza sul palco e in studio.

Quando si ascoltano, oggi, le tracce di "La musica che mi gira intorno", si percepisce l'eredità di una delle più grandi interpreti che il nostro Paese abbia mai avuto. La musica che le girava intorno è diventata la musica che, fortunatamente, continua a girare intorno a tutti noi.






4 Dicembre 1980: l'addio solenne dei Led Zeppelin


Il comunicato che pose fine a un'era del Rock: la band si scioglie per il profondo rispetto verso il batterista John Bonham, scomparso a settembre

 

Il 4 dicembre 1980, il mondo del rock fu scosso da un annuncio tanto inaspettato quanto definitivo: i Led Zeppelin, la band che aveva ridefinito l'hard rock degli anni Settanta, comunicarono il loro scioglimento ufficiale. Non si trattava di divergenze creative o liti interne, ma di una decisione presa con un profondo senso di rispetto e lutto, in seguito alla tragica scomparsa del loro batterista, John Bonham, avvenuta solo due mesi prima, il 25 settembre.

Il comunicato stampa, diramato dai membri superstiti – il chitarrista Jimmy Page, il cantante Robert Plant e il bassista/tastierista John Paul Jones – fu lapidario e toccante:

“Desideriamo rendere noto che la perdita del nostro caro amico e il profondo senso di rispetto che nutriamo verso la sua famiglia ci hanno portato a decidere – in piena armonia tra noi ed il nostro manager – che non possiamo più continuare come eravamo.”

Quelle poche righe segnarono la fine di dodici anni di carriera leggendaria, fatta di successi planetari, tour da record e una fusione unica di heavy, blues e folk che influenzò generazioni di musicisti.

La decisione di porre fine all'esperienza Led Zeppelin era maturata nel dolore seguito alla morte di Bonham, soprannominato affettuosamente "Bonzo". Il batterista, noto per la sua potenza ritmica ineguagliabile e il suo stile innovativo, morì a soli 32 anni soffocato dal proprio vomito, a causa di un'intossicazione acuta da alcool, avvenuta durante una sessione di prove nella casa di Jimmy Page a Windsor.

Per i restanti membri, e in particolare per Robert Plant che era legato a Bonham da un'amicizia fraterna di lunga data, l'idea di sostituire il batterista fu subito scartata. Bonham non era semplicemente un esecutore, ma il cuore pulsante e l'energia vitale della band.

Come Page stesso avrebbe affermato in seguito: “Se fosse toccato a chiunque altro di noi, non credo che saremo andati avanti. Eravamo fatti così. Nessun altro aveva le capacità di John.”

A differenza di molti altri gruppi che tentano di proseguire con nuovi membri, la scelta dei Led Zeppelin di sciogliersi dimostrò un'integrità artistica assoluta. Riconobbero che la "formula" magica creata da quei quattro musicisti era irripetibile e che qualsiasi tentativo di andare avanti con un sostituto avrebbe sminuito il loro lascito.

Lo scioglimento arrivò a un anno di distanza dall'ultimo album in studio, In Through The Out Door (1979). Due anni dopo, nel 1982, fu pubblicato l'album postumo Coda, una raccolta di brani inediti e scarti d'archivio, voluto principalmente da Jimmy Page per onorare gli impegni contrattuali e, soprattutto, per celebrare il genio musicale di Bonham.

Il 4 dicembre 1980 decretò la fine di una band e l'inizio di un mito. L'interruzione netta e dolorosa della loro carriera ha cementato per sempre la leggenda dei Led Zeppelin, preservandola da eventuali declini e consacrandola come una delle più grandi, e ineguagliabili, della storia della musica.








martedì 2 dicembre 2025

Ozzy Osbourne: il Principe delle Tenebre avrebbe compiuto gli anni

  

Il 3 dicembre 1948, a Birmingham, Inghilterra, nasceva John Michael Osbourne, destinato a diventare noto in tutto il mondo come Ozzy Osbourne, il "Padrino dell'Heavy Metal" e il "Principe delle Tenebre". La sua carriera è stata un turbine di successi, controversie e una reinvenzione costante che lo ha reso una leggenda vivente, la cui influenza si estende ben oltre i confini della musica.

La pietra angolare della carriera di Ozzy è stata la co-fondazione, nel 1968, dei Black Sabbath. Insieme al chitarrista Tony Iommi, al bassista Geezer Butler e al batterista Bill Ward, Ozzy ha contribuito a forgiare il suono dell'heavy metal.

Album seminali come Paranoid, Master of Reality e Sabbath Bloody Sabbath hanno utilizzato i testi oscuri e le sonorità pesanti per esplorare temi di guerra, droga e occultismo, definendo un genere che avrebbe dominato la scena musicale per decenni. La sua presenza scenica, caratterizzata da urla acute e un'energia caotica, era l'anima distintiva della band.

Dopo essere stato allontanato dai Black Sabbath nel 1979 a causa dei suoi problemi con l'abuso di sostanze, molti dubitavano che Ozzy potesse risorgere. Invece, lanciò una carriera solista di enorme successo, coadiuvato dal talento del chitarrista Randy Rhoads.

Il suo album di debutto solista, Blizzard of Ozz (1980), contenente hit come "Crazy Train" e "Mr. Crowley", stabilì un nuovo standard per l'heavy metal melodico e tecnicamente complesso. La sua carriera solista, che include album come Diary of a Madman e No More Tears, gli ha permesso di sviluppare una presenza scenica ancora più grande, consolidando il suo status di icona.

Nel nuovo millennio, Ozzy ha compiuto una sorprendente transizione da star del metal a celebrità della televisione reality con lo show "The Osbournes" (2002-2005) su MTV.

La serie offriva uno sguardo esilarante e spesso caotico sulla vita domestica sua e della sua famiglia, in particolare della moglie e manager Sharon Osbourne e dei figli Kelly e Jack. Questo programma lo ha introdotto a una nuova generazione di fan, rivelando un lato più bonario e confuso della sua personalità, in netto contrasto con la sua immagine di "Principe delle Tenebre".

Ozzy Osbourne è un'istituzione culturale. È stato introdotto nella Rock and Roll Hall of Fame come membro dei Black Sabbath nel 2006.

Nonostante le vicissitudini personali e i problemi di salute, il suo impatto sul rock è inestimabile. Ha creato alcuni dei riff più riconoscibili della storia e la sua voce inconfondibile rimane un punto di riferimento per ogni musicista heavy metal. La sua storia è una testimonianza di sopravvivenza, resilienza e del potere duraturo del rock'n'roll.

Curiosità: Ozzy ha fondato l'Ozzfest, uno dei festival di musica heavy metal di maggior successo e più longevi, che ha lanciato le carriere di innumerevoli band.

È venuto a mancare il 22 luglio 2025, all'età di 76 anni.




lunedì 1 dicembre 2025

Sacred Concert – Savona, 30 novembre 2025

 


Sacred Concert – Savona, 30 novembre 2025

 Associazione Musicale Rossini a.p.s. – Savona 

 Chiesa di S. Andrea Apostolo, Festa di S. Andrea

 

La sera del 30 novembre, festa di S. Andrea, Savona ha vissuto un momento destinato a restare inciso nella memoria collettiva. La Chiesa di S. Andrea Apostolo, cuore pulsante della città, si è trasformata in un mare di volti e di attese: ogni banco è risultato occupato, persone hanno seguito in piedi lungo le navate, altre si sono raccolte persino ai lati dell’altare. Un folto gruppo che non ha voluto mancare all’appuntamento con il jazz sacro di Duke Ellington, portato in scena dall’Associazione Musicale Rossini con la Big Band Rapalline Jazz Band diretta dal Maestro Riccardo Zegna.

Ellington ha composto i suoi Sacred Concerts tra il 1965 e il 1973, opere che lui stesso ha considerato le più importanti della sua carriera. Non semplici concerti, ma ponti tra jazz, gospel e spiritual, capaci di parlare un linguaggio universale. Ieri sera quelle note hanno risuonato sotto le volte della chiesa come un dialogo tra cielo e terra: Come Sunday ha portato dolcezza e contemplazione, Freedom ha acceso energia e liberazione, Praise God and Dance ha trasformato la musica in movimento, in gioia condivisa.

La Rapalline Jazz Band ha mostrato fin dalle prime note una compattezza sorprendente: i fiati si sono proposti con energia e precisione, mentre la sezione ritmica ha sostenuto l’intera architettura sonora con freschezza e vigore, creando un solido tessuto musicale. Il coro di vocalist professioniste ha aggiunto una dimensione ulteriore, portando intensità spirituale e varietà espressiva. Le voci si sono alternate tra momenti di intimo raccoglimento, quasi sospesi, e improvvise esplosioni di energia gospel che hanno riempito la chiesa di luce sonora, amplificando la forza emotiva dei brani. Al centro di tutto, la direzione del Maestro Riccardo Zegna: elegante e ferma, capace di trasformare ogni brano in un vero dialogo vivo tra orchestra, coro e pubblico. Non si è trattato di una semplice conduzione tecnica, ma di un gesto continuo di mediazione e ispirazione, che ha reso la musica un’esperienza condivisa, vibrante e partecipata.

La coincidenza con la festa patronale ha reso la serata ancora più significativa, con la chiesa, colma fino all’inverosimile, carica di attesa e partecipazione. Ogni applauso è stato un atto di gratitudine, ogni silenzio un momento di meditazione collettiva: un rito comunitario, un’esperienza che ha unito fede e arte, memoria e presente. Grazie all’Associazione Musicale Rossini, Savona ha celebrato S. Andrea con un evento che ha riportato alla luce la potenza del jazz sacro di Ellington. In quella chiesa gremita, la musica ha compiuto ciò che Ellington desiderava: parlare un linguaggio che tutti hanno potuto comprendere, quello dell’anima.

Profumo video di serata... pessima la posizione, ma resta il ricordo!





domenica 30 novembre 2025

Buon Compleanno, Woody Allen: l'uomo che ci ha insegnato a ridere delle nostre ansietà

 


L'occhio ironico sul mondo: Woody Allen, il narratore delle nevrosi newyorkesi

 

Woody Allen, all'anagrafe Allan Stewart Konigsberg, nato il 1° dicembre 1935, è, per molti versi, l'incarnazione cinematografica della nevrosi intellettuale. La sua carriera è una cronaca ininterrotta, lunga oltre sei decenni, che ha saputo fondere l'umorismo yiddish della sua educazione con le grandi domande esistenziali della filosofia europea, il tutto incorniciato da una profonda e irrequieta dichiarazione d'amore per la città di New York.

Gli esordi di Allen furono nel mondo della stand-up comedy e della scrittura di battute. Il suo personaggio era già ben definito: l'intellettuale timido, ipocondriaco, pessimista sulla vita ma disperatamente in cerca di amore e senso. Quando passò alla regia, i suoi primi lavori, come Prendi i soldi e scappa, erano pura farsa surreale, un caos esilarante che giocava con le convenzioni narrative.

La vera maturità, però, arrivò con l'abbandono progressivo della comicità pura in favore di un tono più complesso. Il punto di non ritorno fu Io e Annie (1977). Con questo film, Allen non solo vinse l'Oscar, ma inventò un genere: la commedia romantica intellettuale. Attraverso l'uso pionieristico del rompere la quarta parete, dei sottotitoli che rivelavano i pensieri dei personaggi e delle animazioni, diede forma visiva all'ansia e alla nevrosi, trasformando la sua insicurezza personale in arte universale.

Il Canone di New York: Tra Jazz e Psicoanalisi

Se Io e Annie ha dato la forma, Manhattan (1979) ha dato l'anima al cinema di Allen. Girato in uno splendido bianco e nero, è una sinfonia visiva che ritrae New York come un luogo di infinita bellezza e solitudine esistenziale. I suoi film da quel momento in poi sono stati una continua variazione su temi fissi: l'ossessione per il sesso e la morte, la futilità dei successi mondani, l'eterna ricerca di un'illuminazione filosofica che, puntualmente, fallisce.

I suoi dialoghi sono il cuore pulsante delle opere: veloci, brillanti e carichi di riferimenti a Freud, Nietzsche o Dostoevskij. Il tutto è sempre accompagnato da una colonna sonora onnipresente e fondamentale: il Jazz, che scandisce il ritmo frenetico della vita cittadina e, allo stesso tempo, fornisce un contrappunto nostalgico alla confusione emotiva dei personaggi.

Negli anni 2000, pur mantenendo un ritmo produttivo implacabile, Allen ha parzialmente abbandonato la sua comfort zone newyorkese per esplorare l'Europa. Da questa fase sono nati capolavori come il cupo e shakespeariano Match Point, il solare e sensuale Vicky Cristina Barcelona e lo straordinario viaggio nel tempo e nella nostalgia di Midnight in Paris.

Nonostante le controversie personali che hanno spesso diviso pubblico e critica, il contributo artistico di Woody Allen al cinema del XX e XXI secolo resta innegabile. La sua capacità di farci ridere delle nostre paure più profonde, di trasformare l'angoscia in arguzia e di elevare la nevrosi a forma d'arte, lo consacra come uno dei narratori più acuti e corrosivi della condizione umana contemporanea.