West Virginia

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Buckhannon, West Virginia dicembre 1996

martedì 10 giugno 2025

Frank Zappa e la musica indescrivibile: quando le parole non bastano


 

Musica, parole e i limiti della spiegazione: perché l'arte va vissuta, non solo raccontata


"Parlare di musica è come ballare di architettura." Questa frase, spesso attribuita al geniale musicista e compositore Frank Zappa, è diventata un mantra per molti, anche se la sua paternità è dibattuta e potrebbe essere un falso d'autore. Indipendentemente da chi l'abbia pronunciata per primo, l'aforisma racchiude una profonda riflessione sulla natura dell'arte e sui limiti del linguaggio quando cerchiamo di descrivere qualcosa di intrinsecamente esperienziale.

Pensiamoci un attimo: se qualcuno provasse a "ballare" per spiegarci la maestosità del Colosseo o l'eleganza del Duomo di Milano, probabilmente lo guarderemmo un po' confusi. Potrebbe muoversi in modi che evocano le forme e i volumi, ma non ci darebbe mai la piena percezione di stare dentro quelle strutture, di toccare le pietre, di sentirne la storia e il peso del tempo. L'architettura, dopotutto, va vissuta, percorsa, osservata con tutti i sensi.

Lo stesso, ci suggerisce questa potente analogia, vale per la musica. Possiamo usare aggettivi come "melodiosa," "potente," "armoniosa" o "cacofonica." Possiamo analizzare le scale, gli accordi, il ritmo e la strumentazione. Ma tutte queste parole, per quanto accurate, non riusciranno mai a catturare l'emozione pura che una sinfonia di Beethoven può scatenare, l'energia incontenibile di un brano rock suonato dal vivo o la malinconia avvolgente di una ballata jazz in una serata piovosa. La musica è un'esperienza sensoriale e intellettuale complessa. Ti entra dentro, ti smuove l'anima, ti fa ballare, riflettere, piangere o sognare. È un linguaggio universale che parla direttamente al cuore, spesso bypassando completamente la logica e la necessità di una spiegazione verbale. Cercare di imprigionare questa esperienza profonda in una mera descrizione a parole è un tentativo vano, quasi ridicolo. È come cercare di afferrare l'acqua con le mani: puoi sentirne la presenza, percepirla, ma non la puoi tenere, non la puoi contenere.

In fondo, questa affermazione, celebre anche se forse non originale di Zappa, ci insegna diverse cose importanti, che vanno ben oltre il solo ambito musicale e toccano la comunicazione in generale. Ci ricorda innanzitutto di riconoscere i limiti del linguaggio: non tutto può essere spiegato a parole. Ci sono esperienze, sensazioni, sapori, odori, che vanno semplicemente vissuti per essere compresi appieno. Insistere a descriverli può solo sminuirli, privandoli della loro essenza più vera. Ci fa riflettere anche sull'importanza dell'esperienza diretta: per capire veramente qualcosa, spesso non basta sentirne parlare. Dobbiamo immergerci, provare, sperimentare in prima persona. La lezione di uno strumento, un concerto dal vivo, un viaggio in una città nuova: sono tutte esperienze che superano di gran lunga qualsiasi racconto, perché coinvolgono l'essere umano nella sua totalità. Infine, ci invita ad apprezzare l'ineffabile, quelle cose che hanno un valore proprio perché sfuggono a una definizione precisa. La magia di un'opera d'arte, la bellezza mozzafiato di un paesaggio, la complessità profonda di una relazione umana. A volte, il silenzio, l'osservazione e la contemplazione sono molto più eloquenti e significativi di qualsiasi parola.

In un'epoca in cui siamo sommersi da parole, commenti, recensioni e descrizioni per ogni singola cosa, il monito celato in questa frase risuona forte, invitandoci a fare un passo indietro. Ci ricorda che l'essenza più profonda di alcune esperienze risiede proprio nella loro intraducibilità verbale. E che, forse, per apprezzare davvero la musica – o qualsiasi altra forma d'arte e di vita – dovremmo semplicemente ascoltarla, viverla intensamente e lasciarci trasportare, senza il bisogno ossessivo di spiegarla o di "ballarne l'architettura."



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