A diciannove anni dalla sua scomparsa, Genova e la musica italiana ricordano Bruno Lauzi, voce gentile e pensiero acuto della canzone d’autore
Il 24 ottobre 2006 ci lasciava Bruno Lauzi, una delle voci più autentiche e
raffinate della canzone d’autore italiana. A distanza di anni, il suo nome
continua a risuonare con forza, non solo per le melodie che ha regalato, ma per
il pensiero lucido, ironico e profondo che ha saputo esprimere in musica,
poesia e prosa.
Nato ad Asmara nel 1937, ma cresciuto a Genova, Lauzi è stato
uno dei pilastri della celebre scuola genovese, accanto a Fabrizio De
André, Gino Paoli, Umberto Bindi e Luigi Tenco. Un gruppo di artisti che ha
rivoluzionato il modo di scrivere canzoni in Italia, portando nei testi una
nuova sensibilità letteraria, sociale e umana.
Lauzi, però, ha sempre mantenuto una sua traiettoria
personale. Meno incline all’epica e alla denuncia, più vicino alla malinconia
quotidiana, all’ironia sottile, alla tenerezza disarmante. Brani come Ritornerai,
Genova per noi, Il poeta, Onda su onda sono diventati
classici, capaci di parlare a generazioni diverse con la stessa intensità.
Ma Bruno Lauzi non è stato solo cantautore. È stato anche scrittore,
poeta, traduttore, autore di romanzi e raccolte di versi, spesso attraversati
da una vena caustica e da una lucidità rara. La sua penna, come la sua voce,
sapeva essere gentile e tagliente, leggera e profonda.
La sua scomparsa, avvenuta il 24 ottobre 2006, ha
lasciato un vuoto difficile da colmare. Eppure, ogni anno, in questa data, il
suo ricordo torna a farsi vivo. Nei dischi che continuiamo ad ascoltare, nei
libri che rileggiamo, nelle parole che ci tornano in mente quando Genova si fa
pioggia, mare, nostalgia.
Bruno Lauzi non ha mai cercato il clamore. Ha preferito il
passo breve, la nota giusta, il verso che resta. Ed è proprio per questo che
oggi, nel ricordarlo, non celebriamo solo un artista, ma un modo di essere, di
scrivere, di vivere la musica come forma di verità.
Genova lo sa. E lo custodisce.

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