Lou Reed, l'ultimo cronista della controcultura...
Il 27 ottobre 2013 ci lasciava Lou Reed. La sua scomparsa, dovuta a
complicazioni seguite a un trapianto di fegato, ha segnato la fine di un'epoca,
lasciando un vuoto che solo un vero artista poteva creare. Reed, co-fondatore
dei Velvet Underground e autore solista di una carriera leggendaria, non
è stato solo un musicista, ma un vero e proprio cronista della controcultura
americana.
Per comprendere appieno l'importanza di Lou Reed, è
essenziale calarsi nell'epoca che lo ha plasmato e che lui stesso ha
contribuito a definire: gli anni '60 e '70. A differenza delle armonie
psichedeliche e degli inni di pace e amore che dominavano le classifiche, Reed
scelse di raccontare l'altra faccia dell'America: quella delle strade notturne
di New York, dei vicoli nascosti, delle dipendenze, delle trasgressioni
sessuali e dell'alienazione urbana.
Con i Velvet Underground, di cui fu la forza motrice insieme a John Cale e sotto l'ala di Andy Warhol, Reed creò una musica cruda, quasi dissonante, che si faceva specchio della realtà non edulcorata. Canzoni come Heroin o Venus in Furs non erano semplici brani, ma atti di realismo poetico. Il loro sound e i loro testi rappresentavano una sfida aperta al mainstream, gettando le basi per il punk rock e l'alternative rock. Si dice che il primo album della band abbia venduto poche migliaia di copie, ma che "chiunque abbia comprato una di quelle copie abbia formato una band".
Dopo l'esperienza con i Velvet Underground, Lou Reed continuò
a forgiare la sua leggenda con una carriera solista fatta di alti e bassi
commerciali, ma sempre coerente dal punto di vista artistico. L'album del 1972,
Transformer, prodotto da David Bowie, divenne un manifesto
culturale. Pezzi come Walk on the Wild Side non solo lo portarono al
successo, ma celebrarono figure marginali, travestiti e drag queen che
popolavano la scena della Factory di Warhol. In un'epoca ancora retta da
convenzioni rigide, Reed normalizzava la diversità e l'identità di genere,
rendendo visibili coloro che la società preferiva ignorare.
La sua musica non era escapista; era frontale, intellettuale e visceralmente onesta. In questo, Reed si allinea a figure letterarie come William S. Burroughs e Jack Kerouac, diventando l'equivalente musicale della Beat Generation. La sua influenza si estese oltre il rock, plasmando artisti, registi e scrittori che riconobbero in lui un'assoluta libertà espressiva.
L'addio a Lou Reed nel 2013 ha rammentato al mondo quanto la sua opera fosse rimasta attuale. La sua capacità di infondere poesia nel degrado, di trovare bellezza nella malinconia metropolitana e di cantare con dignità le vite ai margini, lo ha reso un gigante culturale. Lou Reed non cantava per il successo; cantava per la verità, fornendo una colonna sonora a tutti coloro che si sentivano diversi, incompresi o semplicemente in cammino sul "lato selvaggio" della vita. La sua eredità continua a vivere in ogni accordo grezzo e in ogni verso che osa guardare l'oscurità dritto negli occhi.

.jpg)

Nessun commento:
Posta un commento