Oltre il riflesso: un invito a guardare
il mondo con occhi nuovi
A volte, un singolo verso di una canzone può diventare un potente monito, e la "Canzone dell'Acqua" di Eugenio Finardi, tratta dall'album Roccando Rollando del 1979, ne è un esempio perfetto. "Butta via lo specchio, ché c'è il mondo da guardare" – una frase che, seppur datata, risuona oggi con una forza sorprendente, invitandoci a riconsiderare il nostro rapporto con l'immagine e la realtà.
Nell'era dei filtri e delle auto-rappresentazioni digitali,
lo "specchio" di Finardi è diventato molto più che un oggetto. È una
metafora calzante della rete di riflessi virtuali che ci lega a una costante e
quasi ossessiva cura della nostra immagine. Siamo immersi in un flusso continuo
di costruzione di "brand personali", di versioni idealizzate di noi
stessi sui social media. Questa perenne auto-contemplazione, questa ricerca di
un riflesso perfetto e di un'approvazione esterna, rischia di farci perdere di
vista il mondo vibrante e complesso che ci aspetta al di fuori della nostra
bolla.
Finardi, con la sua intuizione poetica, ci propone un atto di liberazione: sbarazzarci di ciò che ci confina nel nostro piccolo universo egocentrico. "Buttare via lo specchio" non significa rinunciare all'auto-consapevolezza, ma liberarsi dalla prigionia dell'ego, dell'immagine superficiale e delle vanità. È un invito a distogliere lo sguardo dal riflesso per puntarlo verso l'infinito orizzonte delle possibilità.
Cosa c'è, esattamente, "da guardare" fuori da
quello specchio? C'è la realtà nella sua cruda, meravigliosa autenticità. Ci
sono i volti delle persone, le loro storie non filtrate, le loro gioie e i loro
dolori che non passano attraverso un filtro digitale. C'è la natura, con la sua
bellezza selvaggia, non riprodotta in uno sfondo perfetto, ma da esperire con
tutti i sensi. Ci sono le ingiustizie, le sfide sociali, le opportunità di
cambiamento e di crescita che attendono solo di essere riconosciute e
affrontate. C'è la vita vera, con le sue imperfezioni, le sue complessità e le
sue imprevedibilità, che spesso ci sfuggono mentre siamo intenti a ritoccare la
nostra posa o a inseguire un'immagine ideale.
Questa frase è un richiamo potente all'empatia e all'azione.
Le prime due righe della strofa di Finardi, "Goccia a goccia il sasso
si buca / Sasso che rotola mai si consuma", ci parlano di perseveranza,
trasformazione e resilienza, qualità che si sviluppano proprio nell'interazione
con il mondo, non nella staticità del riflesso. "Guarda la vita che
scorre / Lascia che ti porti con sé" è un invito all'apertura, alla
fluidità, all'abbandono del controllo per abbracciare il flusso dell'esistenza.
Guardare il mondo, in questo senso, significa anche
ascoltarlo, sentirlo, comprenderne le dinamiche profonde. Significa uscire dal
proprio isolamento e immergersi nella condivisione, nell'interazione umana,
nella partecipazione civica. In un'epoca di crescente polarizzazione e
frammentazione, la capacità di "guardare il mondo" con occhi aperti e
cuore disponibile è più che mai necessaria per costruire ponti, superare divisioni
e trovare soluzioni comuni.
Dunque, mentre le piattaforme digitali ci spingono a
perfezionare la nostra immagine, il saggio suggerimento di Finardi ci sussurra
di fare il contrario: meno riflesso, più realtà. Meno io, più noi. Meno
auto-contemplazione, più consapevolezza del vasto, pulsante e magnifico
universo che ci circonda. È lì, fuori dalla nostra zona di comfort e dal nostro
specchio, che la vita accade davvero, in tutta la sua sconfinata ricchezza. E
aspetta solo di essere vissuta appieno.
Cosa scegliamo di guardare? Il nostro riflesso o il mondo che ci attende?
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