West Virginia

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Buckhannon, West Virginia dicembre 1996

sabato 8 novembre 2025

9 Novembre: quando i muri cadono e la musica li racconta

 


Nel giorno in cui la pietra ha ceduto al canto, il muro si è fatto musica e memoria


Berlino, 9 novembre — C’è una crepa nel cemento che non si vede, ma si sente. È il suono di un muro che crolla, non sotto i colpi di un martello, ma sotto il peso della memoria. Trentasei anni fa, in una notte che sembrava come le altre, la città divisa divenne improvvisamente intera. Il Muro di Berlino, quel serpente di pietra che aveva tagliato in due il cuore d’Europa, smise di essere barriera e divenne rovina. E in quella rovina, molti videro un palco.

Roger Waters lo vide. Lo sentì. Lo trasformò.

Nel luglio del 1990, meno di un anno dopo la caduta, il membro dei Pink Floyd portò “The Wall” proprio lì, tra le macerie ancora fresche, in un concerto epico che sembrava più un rito di purificazione che uno spettacolo. Ma la storia era iniziata molto prima.

“The Wall”, l’album, era uscito nel 1979, dieci anni prima che il muro vero cadesse. Parlava di alienazione, di isolamento, di un uomo che costruisce un muro intorno a sé per proteggersi dal dolore. Era un muro mentale, emotivo, ma non meno reale. E quando quello di Berlino cadde, il parallelo fu inevitabile. Il muro di Pink, il protagonista dell’opera, e quello di Berlino si specchiarono l’uno nell’altro: entrambi costruiti per difendersi, entrambi destinati a crollare.

“All in all, it was just a brick in the wall…” cantavano i bambini nel coro. Ma quel mattone, quel singolo gesto di divisione, moltiplicato per migliaia, aveva creato una prigione. E il 9 novembre 1989, la prigione si aprì.

Immaginiamo la scena: la notte berlinese, fredda ma vibrante, illuminata non dai riflettori ma dalle lacrime. Gente che si arrampica, che abbraccia sconosciuti, che passa da Est a Ovest come se fosse un sogno. E in sottofondo, anche se non suonava davvero, si poteva sentire “Comfortably Numb”, quel solo di chitarra che sembra una liberazione, una fuga, un volo sopra le rovine.

Il Muro era caduto. Ma “The Wall” restava, come monito, come specchio. Perché i muri non sono solo di cemento. Sono nelle scuole che non ascoltano, nei governi che dividono, nei cuori che si chiudono. E ogni 9 novembre, dovremmo ricordarlo.

Oggi, mentre Berlino vibra di commemorazioni e il mondo si ferma a pensare, forse dovremmo riascoltare quell’album. Non come colonna sonora di un’epoca, ma come avvertimento eterno. Perché ogni muro ha il suo giorno. E ogni giorno può essere il 9 novembre.

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